Cercando le parole si trovano i pensieri.
Joseph Joubert, Pensieri, 1838 (postumo)
Barry Cawston |
immagine da internet |
Conosco accumulatori seriali di amori sbagliati, di preoccupazioni inutili, di scortesie gratuite verso il prossimo.
Io accumulo parole.
Ho iniziato a parlare presto, fin troppo presto secondo mia madre, e da allora colleziono parole che mi piacciono. In verità mi piacciono tutte.
Un bel giro nella mia area del linguaggio?
All'ingresso ripongo in discreto ordine le parole quotidiane, quelle che adopero per comunicare.
Ogni angolo del corridoio accoglie altre parole, disposte una sull'altra, potrebbero tornarmi utili.
In cucina conservo con cura le parole che profumano di buono, fatte in casa, le parole dell'infanzia e degli affetti. Nella dispensa ripongo le parole che riservo agli amici più stretti, sono preziose, le confeziono con cura e amore.
Nelle altre stanze, alla rinfusa, si stratificano quelle curiose, desuete, dialettali ...
Sulla scrivania cumuli di parole volano via disperdendosi quando apro le finestre: ecco queste sono le parole sulla punta della lingua ...
Ancora più difficile trovare nel disordine le parole giuste.
Le parole rancorose, quelle piene di disprezzo, le tengo in cantina chiuse a chiave, anche se talvolta, di fronte a certa ottusità, non posso fare a meno di buttarne via qualcuna ...
Poi c'è una stanza dove tutto è piacevolmente in ordine: i libri che ho letto, i testi delle canzoni che amo, le parole altrui che mi hanno aiutato a crescere, le parole che non ascolterò più e quelle che cerco ancora di capire.
In questa stessa stanza, attraverso la parete a vetri, seduta sulla mia poltrona a leggere, tra qualche tempo potrò ammirare il giardino in cui ho piantato tutte le parole che ho scelto per spiegare il mondo a mio figlio, giardino che innaffio e curo ogni giorno e spero fiorirà rigoglioso.
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