Lo specchio
Sì, mi ricordo quella parete
nella nostra città rasa al suolo.
Si ergeva fin quasi al sesto piano.
Al quarto c’era uno specchio,
uno specchio assurdo
perché intatto, saldamente fissato.
Non rifletteva più nessuna faccia,
nessuna mano a ravviare chiome,
nessuna porta dirimpetto,
nulla cui possa darsi il nome
“luogo”.
Era come durante le vacanze –
vi si specchiava il cielo vivo,
nubi in corsa nell’aria impetuosa,
polvere di macerie lavata dalla pioggia
lucente, e uccelli in volo, le stelle, il sole all’alba.
E così, come ogni oggetto fatto bene,
funzionava in modo inappuntabile,
con professionale assenza di stupore.
Wislawa Szymborska
Questa è una delle poesie di Wislawa Szymborska che più amo. Wislawa ed io, così lontane nel tempo e nello spazio, condividiamo lo stesso paesaggio.
Se la poetessa descrive un "luogo" offeso dalla guerra, io mi porto negli occhi il ricordo di un piccolo paese in cui, accanto all'avanzare dell'insipida edilizia della ricostruzione post-terremoto, resistevano molte case diroccate.
A volte i miei nonni, che abitavano nel paesino accanto al mio, mi portavano a vedere quel che rimaneva della loro casa: pochi gradini e un mucchio di macerie.
Nel tempo si è depositato in me un sentimento di struggimento per quel paesaggio, trasformatosi, poi, in amore profondo per le rovine e la loro poesia.
La bellezza mutila di muri crollati, le porte ai piani alti aperte sul nulla, l'incanto del paesaggio che s'infiltra tra le crepe profonde, le carte da parati stinte e lacere che resistono, altere, alle offese della pioggia e del sole.
La vegetazione, lenta e inesorabile, che si riappropria dello spazio aggrappandosi ai brandelli di ferro e tufo, mentre gli uccelli tra le macerie e i rami trovano riparo e cantano.
Ed è cosi che da quei crolli nasce un inno alla vita.
Quello della mia infanzia potrei definirlo come un paesaggio di "transizione", io sono cresciuta tra baraccopoli, case in rovina, chiese da restaurare, strade da sistemare e di ogni dettaglio conservo amorevolmente una traccia nella mia memoria.
Adesso tutto è cambiato, ma ancora oggi sorrido, come già da bambina, al ricordo di un rotolo di carta igienica che, fiero, a lungo è rimasto tenacemente attaccato al muro di quello che doveva essere stato un bagno al secondo piano di una grande casa che non esisteva più.