La disoccupazione è una cosa per il disoccupato e un'altra per l'occupato. Per il disoccupato è come una malattia da cui deve guarire al più presto, se no muore; per l'occupato è una malattia che gira e lui deve stare attento a non prenderla se non vuole ammalarsi anche lui.
Alberto Moravia, Nuovi racconti romani, 1959
Oggi sono stanca.
Stanca di aspettare tempi migliori, di contrastare gli infiniti imprevisti, stanca dell'evasione fiscale e di pubblicità sull'evasione fiscale ... (ma "evasione fiscale" non fa un po' rima con "patrimoniale" ?)
Stanca di dovere essere sempre io a capire che ognuno ha il proprio carattere e mettere da parte il mio.
Stanca di dovere essere sempre io a capire che ognuno ha il proprio carattere e mettere da parte il mio.
Stanca di sentire raccontare di mortificazioni sul posto di lavoro, di stipendi ridicoli, di contratti fatiscenti e sapere che il sacrosanto pianto funebre si concluderà con la frase rituale secondo la quale, dati i tempi, se si è così fortunati da avere un lavoro (ma non era un diritto?) bisogna comunque tenerselo stretto ...
E se fino ad un decennio addietro questa frase, pronunciata prevalentemente dai pensionati, suscitava le ire di chi subiva una situazione lavorativa iniqua, adesso sono le stesse vittime a ripetersela ogni giorno per dare un senso all'ingiustizia che nega la loro stessa identità di persone. Senza sicurezza economica non si può entrare in possesso della propria vita: non si possono fare progetti né si può costruire una famiglia, i figli poi, diventano un miraggio, un lusso per "ricchi" ...
Sono stanca di sondaggi che verniciano tale tragedia con lo smalto della farsa: si sa gli Italiani sono legati alla mamma e non vorrebbero mai lasciar casa ... ma non è già abbastanza umiliante dover vivere a spese dei genitori perché non basta la buona volontà per poter trovare un'occupazione qualsiasi? Non è sufficientemente avvilente quando hai una laurea o addirittura un dottorato e non solo non riesci a trovare il lavoro previsto dal tuo titolo di studio ma non ti assumono nemmeno a tempo determinato in un call center (per fare un esempio) perché sei troppo qualificato ...?
Le generazioni precedenti alla mia, che giovane non sono, le quali hanno vissuto oltre trent'anni di età dell'oro e che ci hanno apparecchiato la situazione attuale anche grazie alle opinabili scelte politiche, dovrebbero riflettere bene prima di accusare i giovani (ma si è giovani anche dopo i trenta?) di "pretendere" un lavoro che, oltre ad essere adeguatamente renumerato e garantito, tenga conto delle inclinazioni e capacità personali perché quest'aspirazione è ASSOLUTAMENTE LEGITTIMA!
Nessuno vuole il "posto fisso", inteso come stipendio sicuro a prescindere da impegno e rendimento, di cui molti sono stati omaggiati ai loro tempi, ma la sicurezza di trovare un'occupazione si, è dovuto! Reclamare la libertà di cambiare lavoro con uno più soddisfacente o, se licenziati, di trovare un'altra opportunità non è essere pigri e viziati, ma consapevoli delle proprie capacità e dei propri diritti, è avere desiderio di realizzarsi attraverso il proprio lavoro.
Nessuno vuole il "posto fisso", inteso come stipendio sicuro a prescindere da impegno e rendimento, di cui molti sono stati omaggiati ai loro tempi, ma la sicurezza di trovare un'occupazione si, è dovuto! Reclamare la libertà di cambiare lavoro con uno più soddisfacente o, se licenziati, di trovare un'altra opportunità non è essere pigri e viziati, ma consapevoli delle proprie capacità e dei propri diritti, è avere desiderio di realizzarsi attraverso il proprio lavoro.
Ma qualcuno non ci aveva una volta insegnato che il lavoro nobilita l'uomo?
Viviamo in tempi in cui ci hanno derubato di tutto, in cambio di una luccicante precarietà esistenziale abbiamo barattato il nostro diritto a vivere una situazione soddisfacente e stabile.
Ci hanno derubato di tutto, perfino dei nostri sogni, e dobbiamo anche dire grazie ...
Nessun commento:
Posta un commento