Sembra esserci nell'uomo, come nell'uccello, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove.
Marguerite Yourcenar, Il giro della prigione, 1991
Susan McCarrell, The Most Awkward Dance, 2012 |
Costruiamo gabbie, talvolta, in cui confiniamo i nostri sogni.
Giorno dopo giorno li ascoltiamo gorgheggiare la nostra rinuncia e ci crogioliamo al suono del loro canto sempre più malinconico, sempre più fioco.
Non siamo stati così coraggiosi da lasciarli liberi in volo, i nostri sogni implumi, e non siamo così generosi verso noi stessi da separarcene, sono così belli da guardare ...
E i sogni s'ingrigiscono, invecchiano dentro quella confortevole gabbia di cui noi siamo gli artefici, sarebbe bastato tentare, sbagliare, cadere, rialzarsi, camminare: imparare.
Forse avremmo persino potuto volare ...
Sarebbe bastato uno slancio coraggioso verso il vuoto per mettere alla prova le ali e invece tutti i nostri sforzi si sono concentrati nel perfezionare la gabbia.
La gabbia è solida, offre riparo sicuro, il cibo e l'acqua non mancano mai al triste canarino e non importa se i suoi occhi sono ormai velati e non importa se non canta più.
Così di noi rimane un polveroso pennuto impagliato, dimenticato giù in cantina ...
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