martedì 12 luglio 2011

miraggi

Le estati dell'infanzia sono sempre migliori delle estati dell'età adulta.
Elliot Perlman

Rossana Taormina, "Sogni ricorrenti #3", 2007

L'estate in città, almeno nella mia, è un incubo. 
La temperatura soffocante ti sfianca, l'umidità e il rumore ti riducono al silenzio.
Io amo la vita in città ma durante questi pochi mesi, ogni anno, il mio immaginario è tormentato dall'affiorare di ricordi lontani e la malinconia diventa più cattiva.

Indimenticabili estati di quando ero bambina!

Sono nata in collina, di giorno il caldo era tenuto a bada dagli alberi e a colazione mi aspettava la granita annunciata dalla musichetta dell'itinerante Ape a tre ruote del gelataio, caratteristico delle mie parti.
Le sere avevano una bellezza irripetibile: il caldo lasciava il posto ad una piacevole brezza, i profumi dei fiori si mescolavano a quelli dei cibi e, fitta al cuore, potevamo ancora riconoscere distintamente le costellazioni e la Via Lattea!

Quando ci spostavamo nel paese di mia madre, quasi attaccato a quello in cui abitavamo, la felicità prendeva la sua forma più perfetta. I luoghi di cui vi parlo esistono, ormai, solo nei miei ricordi: erano dei quartieri provvisori (ma sono rimasti in piedi per 20 anni!) dove avevano sistemato i terremotati; adesso al loro posto è uno spazio anonimo, illuminato da un po' di vegetazione. 
Ho vissuto in città oggettivamente meravigliose, ma nessuna di loro possiede, ai miei occhi, quel fascino lontano.

Mia nonna abitava in uno di questi quartieri, costruiti su terrazzamenti che assecondavano la leggera pendenza del terreno. Lì la gente viveva in larghe strade in ognuna delle quali i prefabbricati si disponevano specularmente su due lunghe file parallele; ogni casetta era attaccata all'altra e variopinte aiuole incorniciavano gli ingressi, sul retro ognuno curava un proprio giardino che si univa a quello del vicino in una lunga striscia sorridente.
Le sere d'estate tutti sedevano davanti la propria soglia a chiacchierare amichevolmente con i vicini e noi bambini potevamo giocare insieme su quella lunga strada, sotto l'occhio vigile ma non oppressivo degli adulti.

Ricordo le facce sorridenti dei miei amici e il sottofondo di grilli e cicale, il profumo di gelsomino e biscotti e poi le mamme e le nonne che diventavano le mamme e nonne di tutti noi. Ricordo le partite a calcio, le corse in bici, le discese (ardite) con dei rudimentali trabiccoli a quattro ruote (u carruzzuni) al cui assemblaggio partecipavamo tutti. 
Ricordo l'illuminazione, debole, che diventava assolutamente superflua quando la luna rischiarava la notte e sento ancora in lontananza le canzoni che nascevano spontanee qua e là accompagnate, talvolta, dal suono allegro di fisarmoniche e chitarre.

Un tempo amavo l'estate...

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