lunedì 8 ottobre 2012

gabbie dorate



Sembra esserci nell'uomo, come nell'uccello, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove.
Marguerite Yourcenar, Il giro della prigione, 1991

Susan McCarrell, The Most Awkward Dance, 2012

Costruiamo gabbie, talvolta, in cui confiniamo i nostri sogni. 

Giorno dopo giorno li ascoltiamo gorgheggiare la nostra rinuncia e ci crogioliamo al suono del loro canto sempre più malinconico, sempre più fioco. 
Non siamo stati così coraggiosi da lasciarli liberi in volo, i nostri sogni implumi, e non siamo così generosi verso noi stessi da separarcene, sono così belli da guardare ...

E i sogni s'ingrigiscono, invecchiano dentro quella confortevole gabbia di cui noi siamo gli artefici, sarebbe bastato tentare, sbagliare, cadere, rialzarsi, camminare: imparare. 

Forse avremmo persino potuto volare ...

Sarebbe bastato uno slancio coraggioso verso il vuoto per mettere alla prova le ali e invece tutti i nostri sforzi si sono concentrati nel perfezionare la gabbia. 
La gabbia è solida, offre riparo sicuro, il cibo e l'acqua non mancano mai al triste canarino e non importa se  i suoi occhi sono ormai velati e non importa se non canta più.

Così di noi rimane un polveroso pennuto impagliato, dimenticato giù in cantina ...

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