mercoledì 15 giugno 2011

burocrazia ed estraniamento



In questi giorni ho dovuto sbrigare le consuete incombenze burocratiche stagionali, culminate ieri in una estenuante attesa al solito Caf. Le impiegate sono professionali, preparate, gentili, sorridenti e tanto, tanto pazienti.
Avendo consapevolezza che mi si prospettavano ore di fila, ho portato un libro con me: "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" di Oliver Sacks, regalo di compleanno, assieme ad altri quattro interessanti titoli, di una delle mie due sorelle.
Addentrandomi nella lettura ho messo immediatamente a fuoco di non avere tra le mani un romanzo bensì un saggio su casi clinici in cui si racconta, come se si trattasse di narrativa, di storie apparentemente surreali, ma tragicamente reali, riguardanti pazienti affetti da rari problemi neurologici. Immersa nella lettura, comunque avvincente e intensa, ma di cui avrei goduto appieno senza la consapevolezza della realtà degli episodi narrati, sono riuscita a ripararmi a lungo dal delirio che imperversava intorno a me. Gente che borbottava, liti animate per il turno (ma quando mai il numero 15 è venuto prima del numero 9?), generosi suggerimenti elargiti alle impiegate su come svolgere il proprio lavoro...


Ad un certo punto, però, la mia percezione del confine tra realtà e fantasia ha vacillato. Forse, ho pensato, la mia ipocondria, sollecitata dalla lettura, mi stava spingendo a credermi prigioniera del temuto vortice della distorsione della memoria? Era possibile che si fosse realmente verificato un inceppamento nel tempo per cui la realtà si riproponeva come un fastidioso, petulante déjà-vu?

Una delle impiegate, addetta alle informazioni al pubblico, mentre le colleghe provvedevano a smaltire la fila delle dichiarazioni dei redditi e pratiche simili per le quali eravamo a turno, ogni 30 minuti circa ha chiesto se qualcuno in sala avesse da sbrigare la pratica ISEE (non so cosa sia), la cui modulistica era di sua competenza.
Sistematicamente lo stesso irritante, inquietante anziano si è alzato in piedi urlando "Io! Io devo fare l'ICI" e lei, con una pazienza sempre più traballante, ha dovuto ripetere all'Anziano, ogni mezz'ora, che per la pratica ICI avrebbe dovuto aspettare il turno assieme a noi e che lei, comunque, aveva detto ISEE non ICI. Allo stesso modo l'Anziano, tornando a sedere, ha guardato, ogni mezz'ora, le nostre facce sconcertate e/o divertite con la sua espressione incredibilmente contorta in una smorfia stupita e contrariata dalla recente e inaspettata rivelazione...

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